Cav, giustizia e gruppettari

mcarmagnola 13 maggio 2013 0



Innanzitutto, il Cavaliere.

Ha perso le elezioni politiche dopo una legislatura in cui è successo di tutto, soprattutto nel suo fronte.

Malgrado potesse contare su una maggioranza assoluta mai avuta da un governo della repubblica, la sua promessa di rivoluzione liberale è rimasta lettera morta.

Uno dei primi provvedimenti proposti ma non realizzati è stato, con il lodo Alfano, il riconoscimento che cinque cittadini, tra cui lui, erano più cittadini degli altri.

Queste guarentigie non sono in assoluto inaccettabili.

Vanno, però, inserite in un contesto di rafforzamento sostanziale della maggioranza e dell’esecutivo (oltre che dei rappresentanti apicali delle istituzioni nel breve periodo in cui esercitano le loro funzioni), a cui deve parallelamente procedere un potenziamento delle funzioni di controllo.

In buona sostanza, nessuno tocchi i capi, ma i capi non esagerino del gestire il loro potere (Watergate docet).

Così la solita giustizia non troppo giusta si è presa la sua rivincita ed ha condannato Berlusconi a quattro anni nel processo Mediaset, una delle centomila vicende in cui un uomo d’affari spregiudicato e scaltro può cadere, chiedendone l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

Certo, se non si facessero affari e politica contemporaneamente non s’incorrerebbe in questi scivoloni e si assumerebbe il fondamentale antidoto alle disavventure meritate o meno.

Dopo questa sentenza, che ha portato alla decadenza di Berlusconi da Cav e Sen, il Pdl del Nord è sceso in piazza a Brescia, l’11 maggio 2013 a sostegno del suo leader.

Si sono riviste le scene, sia pure edulcorate dalla virulenta violenza degli anni di piombo, che sembravano appartenere ad un passato non troppo lontano, ma in qualche misura superato.

I centri sociali e gli anarchici di oggi sono i gruppettari e gli autonomi di ieri, un po’ più timidi e peggio armati.

Così si sono riviste polizia e lacrimogeni, tafferugli ed insulti.

Niente di edificante, né da una parte, né dall’altra.

Da un lato gli estremisti rimangono tali, violenti e forcaioli.

Dall’altra i moderati non rispondono appieno al loro cliché.

La giustizia era e resta da riformare, ma quando si hanno avuto parecchi anni di governo per farlo, con chi se la si vuol prendere?

Eppoi il vero cancro per imprese ed uomo della strada non è la situazione non brillante della giustizia penale, in fondo appannaggio di papaveri e delinquenti, ma la lentezza di quella civile.

Forse bisogna aprire una pagina nuova soprattutto da quelle parti, ascoltando chi subisce tutti i giorni senza atteggiarsi a vittima sacrificale del sistema.

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