Vent’anni di seconda repubblica hanno prostrato Paese, partiti ed elettori.
Gli unici ad aver visto crescere il proprio tenore di vita sono stati quelli della casta.
Senatori e deputati nominati da una mezza dozzina di capi-partito non hanno neppure dovuto sostenere costi e fatiche per occupare uno scranno a Palazzo Madama o a Montecitorio.
Bastava trovare un leader che li nominasse.
A quel punto era fatta, senza mettere in conto neanche un briciolo di gratitudine (quanti cambi di casacca in queste legislature!) a chi li aveva catapultati sull’Olimpo.
Una volta lì, dacci dentro coi benefit ed i rimborsi, che una manna del genere non tornerà mai più.
Infatti, tra breve, tutti a casa.
Così viene spontaneo chiedersi, non era meglio quando si stava peggio?
Il crepuscolo democristiano non era comunque una fulgida luce rispetto al baratro dell’attuale politica?
E, oggi, 18 aprile, torna spontaneo il pensiero alla Democrazia Cristiana, a quella straordinaria vittoria di sessantaquattro anni fa che permise all’Italia di guardare alla libertà, al progresso ed al benessere come prospettiva per una storia collettiva.
Ritorna, anzi, ritorni la Dc, come abbiamo letto sui giornali, col suo Consiglio Nazionale riconvocato, coi suoi vertici provvisoriamente riesumati, con la voglia di lasciarsi alle spalle cambi di nome, scissioni, diaspore!
Tutto è possibile nella stagione della palingenesi necessitata.
Una cosa è certa. Bisogna cacciare marciume ed incapacità.
Che cosa segua non è facile prevedere.
Potrebbero nascere nuovi soggetti e nuove combinazioni politiche, così come potrebbero essere recuperate le esperienze precedenti la comparsa della Lega, la discesa in campo di Berlusconi e la fioritura di simboli botanici (Ulivo, in primis, ma anche querce e margherite).
L’aggregazione attorno alle famiglie politiche europee sembrerebbe una proposta dettata dal buon senso e, siccome il gruppo europeo più numeroso è pur sempre quello che ha nei democratico-cristiani i fondatori e gli ispiratori (anche se Berlusconi non ha nulla a che spartire con De Gasperi e la Merkel ha ben poco di Adenauer e Kohl), l’idea di rispolverare la balena bianca non appare così peregrina.
Tuttavia due ostacoli sono da tenere ben presenti per questa operazione, più volta a ripristinare la verità che a riesumare la nostalgia.
La vecchia Dc ha le sue responsabilità nel processo di decadenza dell’Italia, specificamente in tema di dilatazione della spesa pubblica, sia che questa la si voglia far partire dalla contestazione del ’68, dalla crisi petrolifera del 1974, dalla solidarietà nazionale del 1976 o dal Caf degli anni Ottanta.
Tuttavia, distingui se ne possono fare, attenuanti se ne possono concedere e, almeno per amor di verità se non di passione, vale la pena puntualizzare che per battere, sul terreno della democrazia, una sinistra illiberale, demagogica, organizzata ed etero-finanziata non si poteva non scadere sulle facili concessioni al rigore di bilancio.
Se, poi, il paragone, solanco sull’andamento dei conti pubblici, viene sviluppato rispetto alla seconda repubblica, i comportamenti più riprovevoli della prima appaiono al confronto un esempio di virtù civica.
Il secondo ostacolo ha ragioni quasi fisiologiche.
Dopo vent’anni di globalizzazione, questo nostro mondo è mutato profondamente, un’intera generazione elettrice, per ora non protagonista, sarà presto alla ribalta, senza avere memoria storica e continuità con l’esperienza unitaria dei cattolici in politica.
Spiegarlo con un’operazione didattica appare improponibile e velleitario.
Dimostrarlo con le ragioni e la prassi della buona politica appare meno arduo.
Un sussulto organizzativistico, unito all’operazione nostalgia, non può bastare.
Bisogna farsi accettare con la forza dei contenuti e la coerenza dei comportamenti.
Occorre un nuovo Codice di Camaldoli, c’è bisogno di idee ricostruttive adeguate alle macerie del momento.
L’agenda resta scandita dalle recenti acquisizioni del magistero sociale della Chiesa, capace di coniugare la soluzione dei problemi contemporanei con una visione alta dell’uomo e della convivenza.
L’attuale disastro morale, politico e finanziario lascia aperta la porta a qualcosa di più della testimonianza.
Il resto dovranno farlo uomini all’altezza della sfida.